Elaborazione del lutto riferito alla fine di un matrimonio
Domanda:
Buonasera dottoressa, leggo sempre le sue “comunicazioni” e le trovo davvero interessanti.
Non solo, devo dire che mi danno anche un grosso aiuto.
Ero sposata con un probabile narcisista, e ci siamo separati da poco.
Il tema di cui mi piacerebbe sentire un suo parere è probabilmente trito e ritrito: l’elaborazione del lutto quando si parla della fine di un matrimonio. Al di là dei nostri retaggi cattolici (anche io ero sposata in chiesa), benchè sia stata costretta a lasciare mio marito per svariati motivi, di fatto è proprio lui che ha chiuso in maniera brutale ogni rapporto, ogni forma di comunicazione. Quindi diciamo che materialmente io l’ho mandato via, ma di fatto la chiusura l’ha praticamente scelta e mantenuta lui (cosa che non comprendo).
Io non riesco a vivere. A mangiare, a dormire, a relazionarmi con le altre persone. Ho 46 anni e mi sento vecchia per qualsiasi tentativo (anche perchè amo mio marito, ma la mia dignità mi impediva di continuare una relazione basata su bugie e tradimenti poi ammessi).
Si sentono moltissimi pareri sul riaffermare la propria autostima eccetera eccetera, tutte ottime teorie , ma che secondo me rimangono teorie.
Non so se lei, che coglie sempre il nucleo del problema, possa darmi/darci un aiuto concreto per cercare di venirne fuori, anzichè passare i nostri giorni a piangere e a recriminare su scelte che, razionalmente, erano giuste (cioè chiudere per sempre il proprio matrimonio).
La ringrazio molto del suo spunto e dei suoi suggerimenti.
Risposta:
Gentile lettrice questo è un tema interessante e utile.. purtroppo però devo essere onesta dicendovi che non tutto può essere messo per iscritto in un blog con la pretesa che sia esaustivo..intendo dire che nell’elaborazione di un lutto entrano in gioco dinamiche personali e soprattutto emozioni personali.
Per questo la cosa migliore è parlarne con uno psicoterapeuta; detto questo posso dirvi che esistono tratti di personalità che rallentano l’elaborazione.
Spesso sono persone che non riescono a sopportare la solitudine o che pensano di non riuscire a cavarsela da sole. Oppure ancora che credono di acquisire valore personale solo se conquistano persone che (ormai sappiamo in modo illusorio) sembrano forti, brillanti, in vista. alleni la sua capacità a stare sola ed a godere della vita per la sua bellezza che è tutta per lei e solo per lei.
In concreto sono mille le cosa da suggerire; dedicarsi dallo sport al riposo, dalla fede all’avventura, dalla meditazione al corso di ballo, dal silenzio al canto , dalla contemplazione alla creazione. In una parola.. alla vita.
A presto
Dr.ssa Zanotti
Volevo ringraziare la Dott.ssa Zanotti per la sua attività e i suoi blog. Ricordo quando mi separai (non per mia scelta) una ventina di anni fa. All’epoca non esistevano queste cose e io cercavo un po’ di comprensione dagli amici e dalle persone più vicine. Mi sentivo solo e distrutto, ma al di là della superficie nessuno mi capiva veramente e alla fine mi ritrovavo solo. Dopo circa un anno dovetti fare l’eutanasia dell’amore. Il tempo è sempre una grande medicina ma la sofferenza e il dolore devono essere vissuti sulla propria pelle. Il percorso è stato lungo e doloroso e di sicuro mi avrebbe aiutato potermi confrontare con qualcuno che avesse esperienze comuni. Ricordo che andai in una libreria per cercare qualche libro che parlasse di queste tematiche ma ovviamente non trovai nulla. Il libraio mi venne incontro per chideremi se avessi bisogno di qualcosa e mi venne da piangere. Non riuscii a spiegarmi. Ma anche il pianto può essere liberatorio. Elaborare il lutto significa accettare che un sentimento sia morto, o nel mio caso debba essere soppresso. Mi sentivo come chi ha cresciuto una pianta per 10 anni ed ora la deve recidere. Era brutto non essere compresi, ma alla fine, passo dopo passo, ne venni fuori. Nemmeno la persona che mi era accanto, e che ora è mia moglie, accettava il mio dolore. Ne era gelosa e non riusciva a comprendere la mia sofferenza. Dovetti affrontarlo da solo cercando la verità. Senza dipingere il passato di nero. Lo avevo vissuto, avevo amato e costruito la mia vecchia vita mettendoci del mio e cercando sempre di fare bene. Ma ora non ero più amato e dovevo staccarmene. Cercai di vivere momento per momento, facendo cose nuove, viaggi, gite in montagna, al mare, mi dedicai con maggiore impegno alla musica. Bisogna vivere ogni giorno, anche nel dolore. E se all’inizio mi opprimeva e mi paralizzava a poco a poco scompariva. A volte tornava, ma per sempre meno tempo. A volte tra le lacrime mi sembrava di cadere. Ma poi mi rialzavo, e lottavo, tornando a vivere, a fare delle cose. Ricordo una volta ero con mia madre e la mia compagna in una comunità di ex tossicodipendenti per un concerto di musica classica. Dopo Ci fu un rinfresco e qualcuno mi chiese di cantare qualche canzone accompagnandomi alla chitarra. I ragazzi volevano un po’ di musica più vicina al loro mondo. Io mi sentivo come paralizzato, ma alla fine cedetti a chi mi esortava. Pensai che quelle persone avevano affrontato problemi molto più grandi dei miei e dovevo farcela, per loro. Allora iniziai a cantare e fu davvero esaltante. Applausi, tutti cantavano con me. Mi sembrò davvero di ritornare a vivere. Da quella volta sentii che ricomincivo a crederci, e iniziai ad esibirmi con grande costanza, fondai un gruppo e la musica mi diede tante soddisfazioni. Ma l’energia, la luce e la forza che ricevetti da quei ragazzi della comunità mi fece capire che la vita era davvero ricominciata. E non mi fermai più, nemmeno nei momenti più duri, le malattie, i lutti, le difficoltà della vita e del lavoro. Spero che queste mie parole possano servire a qualcuno. Non abbiate paura di soffrire. Si cresce solo attraverso la sofferenza, e lottando di ottiene la stima di se stessi. Lottando ci si può ferire, ma le ferite vanno mostrate con orgoglio e vissute con la serenità di chi può dire guardandosi allo specchio “anche oggi ho vissuto”
ringrazio lei per la sua condivisione che sarà prezioso aiuto per chi leggerà